Il Castello di Elcito, nelle Marche
Avete mai provato ad avventurarvi per le colline marchigiane? L’esperienza è davvero unica, perché c’è la possibilità di ritrovarsi in un ‘universo’ fatto, in primo luogo, di vallate verdeggianti e ricche di elementi naturali capaci di mozzare il fiato. Tra un colle e l’altro, poi, è possibile perdersi tra i tantissimi borghi qui presenti, tutti ‘dotati’ di caratteristiche ed origini storiche che hanno lasciato tracce indelebili, tramite monumenti ed edifici da visitare senza batter ciglio.
E’ il caso del piccolo castello di Elcito, che sorge in vicinanza dell'abbazia di Valfucina. La struttura ha una prima menzione alquanto tardiva che risale al 1232 e riguarda una vendita di terre, selve e pascoli nel territorio di detto castello. Una seconda e più esplicita notizia della località si ha nel 1235 in un altro atto di vendita di terre, selve e altro, situate in comitatu Camerini, in districtu castri Leciti et Isole Sancti Clementis. Nel 1261, o poco prima, il castello venne occupato dai conti della Truschia (località presso San Severino), i quali ne cacciarono l'abate e il torresano e consegnarono il castello stesso al comune di San Severino, che ne ebbe il possesso fino al 1279: la conquista di Elcito da parte dei conti della Truschia dovette essere piuttosto violenta se nel 1279 la torre del castello risultava largamente distrutta. Nel 1281 il castello tornava in proprietà dell'abbazia, ma dopo pochi anni gli elcitani - verosimilmente sollecitati dal comune di San Severino. Nel 1298 il castello veniva venduto dall'abbazia di Valfucina al comune di San Severino (certamente dietro pressioni di quest’ultimo): l’atto di vendita contiene ben dodici clausole tra cui, per citarne soltanto tre, quella in base alla quale i molini situati nei pressi del castello dovevano restare - con la chiesa e il vallata - proprietà dell'abbazia; quella concernente il diritto dell'abate a riservarsi una piazza del castello nella quale costruire una abitazione per i monaci; e quella riguardante il diritto dell'abbazia ad avere all'interno del castello un proprio castalda, cioè un sovrintendente addetto alle coltivazioni e alla gestione dei beni e dei frutti del monastero.
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