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Catapano Giuseppe: Cina l’enigma di Obama

Il  vertice a Sunnylands, in California, del presidente cinese Xi Jinping  con il presidente Usa Barack Obama, è avvenuto ad un “momento critico” dei rapporti bilaterali tra le due potenze e sarebbe dovuto servire per instaurare un “rapporto di nuovo tipo”. 

Il  colloquio  non ha  però prodotto risultati pubblici di un qualche rilievo, si spera  quindi solo nei prossimi mesi, sul campo, se qualcosa è realmente cambiato.

L’unico messaggio evidente è stato uno show di ottimismo da parte di Obama (che peraltro ne ha grande bisogno perché è oggi fortemente contestato al suo interno) e il sorriso soddisfatto di Xi, che ha dato l’impressione di essere molto sicuro di sé. Resta però poco chiaro quale sarà l’indirizzo futuro della Cina.

Nuova influenza


Sono passati i tempi in cui Deng Xiaoping, parlando nel 1974 all’Assemblea delle Nazioni Unite, affermava che “la Cina non è una superpotenza, né cercherà di diventarlo. Se un giorno la Cina dovesse mutare colore e tramutarsi in superpotenza, se anch’essa dovesse esercitare il ruolo di tiranno nel mondo, e assoggettare altri ovunque a tracotanti azioni di aggressione e sfruttamento, i popoli del mondo dovrebbero identificarla come social-imperialista e opporsi ad essa e unirsi al popolo cinese per rovesciarla”. Da allora la Cina ha propugnato la dottrina dello “sviluppo pacifico”, che non minaccia i vicini e aiuta il mondo nel suo insieme.

Ma la situazione è oggi differente. La Cina non è esplicitamente aggressiva, ma è certamente molto più assertiva sia per quel che riguarda i suoi diritti e le sue ambizioni. La Cina di Mao, che aveva fatto il grande accordo con Nixon e Kissinger, era una potenza appena emergente, preoccupata di un suo possibile accerchiamento da parte degli Stati Uniti (specie se Washington si fosse accordata con Mosca), e quindi ansiosa di concludere un accordo realpolitico con gli americani.

Gli Usa, d’altra parte, erano abbastanza sicuri che la relativa debolezza cinese non avrebbe offerto a Pechino l’immediata possibilità di dominare lo spazio strategico asiatico. Si trattava, allora, di una potenza interessata soprattutto a mantenere intatta la sua sovranità e la sua unità territoriale, mentre gli Usa rimanevano la potenza determinante degli equilibri nell’Asia-Pacifico.

Oggi non è più così. La Cina sta allargando la sua sfera di influenza politica e strategica, in Asia come in Africa. È attiva in Afghanistan, è alleata di fatto con il Pakistan, fa affari con l’Iran e con l’Iraq sciita, si oppone ad Europa e Stati Uniti in Siria, eccetera. Soprattutto essa preme per una revisione degli equilibri marittimi, rivendicando territori e spazi di mare aperto con un linguaggio spesso tracotante. 

Basti pensare che essa definisce l’area del Mar cinese meridionale, dove è in immediato e diretto contrasto con il Vietnam, le Filippine, l’Indonesia e la Malesia, usando gli stessi termini che a suo tempo aveva utilizzato per giustificare l’annessione del Tibet. Inevitabilmente questo sta risvegliando le preoccupazioni dei suoi vicini e ne alimenta le correnti più nazionaliste e, in qualche caso, militariste.

A cura del Prof. Giuseppe Catapano

Comunicato di Avatar di gente attivagente attiva | Pubblicato Mercoledì, 12-Giu-2013 | Categoria: Notizie
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