Minorca: un regalo della natura
La prima volta che giunsi a Minorca in aereo mi ritrovai a sorvolare una meravigliosa cartina tridimensionale, composta da grandi distese verdi dalle quali puntavano piccoli boschi, campi coltivati tra dolci colline che guidavano lo sguardo attraverso lunghissime linee di muretti di pietra. Lungo la costa spiccavano le case bianche, alcuni paesini protetti da curiose torri di difesa, sembravano sonnecchiare lungo interminabili tratti di vegetazione incontaminata dove trionfavano alte scogliere e candide insenature di sabbia. Mi sorprese soprattutto la luce di un sole splendido e immenso che rendeva l’atmosfera limpida, accrescendo l’intensità dell’azzurro.
Una volta atterrato iniziò la mia operazione di scoperta individuale, avevo letto molto in merito ma preferii farmi guidare dall’istinto. Così per degustare la bellezza sobria e virtuosa di Minorca preferii lasciare la strada asfaltata per addentrarmi in sentieri sterrati, contornati da pini, che mi portarono lungo dirupi e i cigli delle falesie silenziose in attesa di sedurmi con l’immancabile sussurro delle onde che subito rievocarono vecchie leggende: dame, giganti, pirati, apparizioni mistiche...era solo l’inizio.
A prima vista la parte più seducente mi sembrò essere la sua periferia con decine di calette, piccole insenature e porticcioli, alcuni ricchi di storia ed altri adagiati in una vegetazione rigogliosa. Alcune zone costiere, aspre e ripide, mi ricordarono tratti dell’Europa settentrionale, trovai però altri spazi litorali brulicanti di vegetazione, profondi e con finissima sabbia bianca degne dei migliori panorami del sud. Ricordo bene che in ogni angolo il respiro salato del mare mi conferiva serenità e donava benefici ai miei muscoli e spirito.
Neanche il tempo di immagazzinare così tanta magnificenza e subito mi resi conto con stupore di una ricchezza e generosità esplicita capace di conquistare anche il viaggiatore più erudito che, oltre al mare e al paesaggio, poteva deliziarsi tra le architetture dei palazzi nobili, i monumenti megalitici sparsi in tutto il territorio e la secolare tradizione folkloristica, rendendo di fatto Minorca un empireo vicino e remoto, vario e unico, trasparente e misterioso.
Dopo aver percorso le strade principali per raggiungere spiagge e urbanizzazioni turistiche e allontanandomi dall’asfalto mi addentrai in angoli di bellezza universale e lungo il viaggio capii i tanti soprannomi che hanno accompagnato Minorca: l’isola bianca e azzurra; l’Isola della pace; l’Isola delle pietre e del vento; l’Isola tranquilla; l’Isola della Tramontana; l’Isola che naviga.
Mi resi subito conto che le guide, anche le più dettagliate, potevano solo vagamente tracciare i profili dei tanti incanti che già poeti, scrittori e pittore avevano magistralmente elogiato, raccontandoli con onesta meraviglia. Proprio quegli incanti, fatti di paesini imbiancati, ospitalità spontanea, pietre, cieli e acque trasparenti, si sono ricavati spazi indelebili nella mia memoria. Un elemento comune a chiunque decida di attraversare questo territorio. C’è, infatti, chi arriva sull’isola affidato ad un tour operator classico o agenzia di viaggio che minuziosamente confezionano pacchetti senza nessun sforzo da parte del turista, oppure c’è chi vuole cavalcare un’esperienza individuale capace di dare una visione a 360° del territorio ma alla fine tutti si convertono in appassionati patrocinatori dell’isola.
Da qualsiasi punto la si guardi rimane un’Isola da vedere, annusare, percorrere ed assaggiare che in poco più di 700 kmq fa echeggiare tutte le sue robuste differenze dalle altre isole delle Baleari. Tratti propri la distinguono tanto da Maiorca che da Ibiza e Formentera, non solo per la sua storia, paesaggi, gastronomia o sviluppo turistico ma soprattutto per il suo carattere naturale e puro in cui tutto questo è raccolto.
Mi presi tutto il tempo necessario per contemplare la presenza costante del mare, l’armoniosa e fragile figura degli uccelli marini che mi accompagnavano tenacemente, oppure notando la diversità da una zona all’altra dei suoi paesaggi accarezzati da folate vigorose della Tramontana o i dolci soffi del Migjorn, venti capaci di rendere il cielo di una trasparenza cristallina sotto un tappeto verde che dilaga nelle falesie, radure e riserve: così compresi che la natura è uno dei maggiori doni che l’uomo possiede.
Visitare Minorca dunque non era diventato solo fotografare un orizzonte amaranto, mangiare un’aragosta o acquistare un souvenir ma qualcosa di più profondo. Toccare pietre lavorate migliaia d’anni fa, un tramonto in una remota caletta del sud o l’alba della costa nord orientale, un giorno di nebbia sul Monte Toro, una passeggiata tra i boschi per ammirare poi gli spazi rurali o sui sentieri costieri per tuffarsi nel mare radioso sono stati spartiti intransigenti che sono andati a comporre la mia sorprendete e personale esperienza di viaggio.
Oggi la parola “Minorca” mi rievoca una dimensione inebriante che fonde i colori caldi del sud con i grandi contrasti del nord e conserva reminiscenze medio orientali in un ambiente calorosamente latino. Così come le sue allegre serate che solitamente iniziano con un buon vino e proseguono con un susseguirsi di eventi.
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